Ieri sono andato al Lager dove sono i Carinolesi e quelli di San Donato e dintorni. Gli ho portato un’altro barattolo di miele che loro rivendono agli olandesi- anche loro deportati dai tedeschi come noi. Questi olandesi sono proprio brava gente.
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Ieri sono andato al Lager dove sono i Carinolesi e quelli di San Donato e dintorni. Gli ho portato un’altro barattolo di miele che loro rivendono agli olandesi- anche loro deportati dai tedeschi come noi. Questi olandesi sono proprio brava gente.
La notte scorsa mentre stavamo dormendo siamo stati svegliati dalle sirene. Scendiamo sotto lo scantinato del dormitorio, dopo circa un’ora siamo ritornati nei dormitori, non ci sono danni, ma fuori si sentono rumori di scavatrici che scavano macerie e cadaveri, e pompieri che cercano di spegnere incendi. Sono stanco di questa vitaccia. Spero che finisca presto o che distruggono tutto, così finirà per tutti.
Oggi sono andato al Lager di Fasanerie Nord dove sono Agostino, Ciccillo, Traglia, e Tutone Mario, lo sfollato Napoletano che ha moglie e famiglia a Casale. Quest’ultimo è una brava persona e intelligente. Mi fa proposte di scappare ma io gli rispondo che non è ancora il momento. Passo la giornata con loro e la sera torno a Monaco col treno, di tutti gli altri Casalesi non sappiamo dove si trovano.
Sono tornato dal lavoro, mi sento male, molto male. Verso le otto arriva l’ora di fare la doccia, come tutte le sere. Non ce la faccio a muovermi e resto dove sono. Quando vengono tutti nel refettorio, dopo fatta la doccia, portando la solita suppe io non la tocco. La testa mi brucia. Andiamo nelle camerate a coricarci. Mentre mi sto spogliando, lo faccio a stento, viene un addetto alle camerate e mi mette le mani nei capelli, vede che non sono bagnati e si accorge che non ho fatto la doccia. Grida e mi ordina, da vero tedesco, di vestirmi. Gli faccio capire in qualche modo che ho la febbre, ma non vuole sapere niente, mi butta fuori alla strada. Sono circa le nove di sera, fa molto freddo. Poco lontano c’è un Gasthaus dove spesso vado a bere qualche bicchiere di birra. Qui trovo uno spagnolo che mi conosce, dico a lui quello che mi è successo e gli chiedo di dire al padrone del locale se mi vuol fare riparare la notte, anche sopra una semplice sedia. Il proprietario dice che non può assolutamente. Esco e vado alla stazione dei treni. Qui sono stato fortunato, trovo pronto l’ultima corsia per la B.M.W. Lager sul tram e vado alle baracche dei miei amici di San Donato. È tutto scuro, mi conoscono a stento della voce, che mi si è cambiata, Non ce la faccio neanche a parlare. Mi fanno coricare in una branda di uno che lavora di notte.
Viene il capo campo e dice che se non me ne vado, mi fa prendere dalla polizia. Agostino parla o fa parlare col nostro capofabbrica Rockinger, del mio caso. Questo risponde che non gl’importa niente. Così esco dal Lager e torno a Monaco. Prendo il tram e vado al Consolato Italiano. Nessuno mi accompagna, poco mi reggo. Questi mi danno un biglietto e mi mandano alla Delegazione Italiana. A forza di domandare e sali scendi dal tram, riesco a rintracciare pure la Delegazione Italiana. Qui mi danno certe carte e mi danno istruzioni per prendere il tram per l’ospedale. Nel pomeriggio finalmente sono all’ospedale. Ho le mani nere, non mi lavo da quattro giorni, e non mangio. Appena arrivato mi mettono in un lenzuolo bagnato. Prima di questo mi sentivo bruciare tutto il corpo, avrei desiderato morire. Appena fattomi questa specie di bagno mi hanno iniettata una siringa. Fatta la siringa, mi ho sentito scorrere il sangue nelle vene, mi sono sentito rinascere.
Mi hanno lavato e sono coricato in un letto ben pulito, siamo sei in una stanza. Verso le 9:00 viene l’infermiere e ci da, a tutti e sei, un termometro e esce, dopo una decina di minuti li viene a ritirare e scrive la temperatura su una cartella. Mi sento già bene. Da quando mi hanno fatto l’iniezione sono rinato, prima desideravo di essere morto.
Incomincio ad alzarmi, mi sento quasi bene.
Stanotte sono venuti a bombardare, tutti i malati che stanno un po’ bene scendono sotto l’ospedale. Gli altri, compreso io, scendono sotto l’ospedale con i letti attraverso una botola che è situata nei corridoi. Dopo qualche ora ci hanno risaliti sopra. Sono andati a bombardare lontano.
Oggi sono venute due signorine tedesche a trovare un loro fratello. Io e un francese camminiamo nel corridoio, la stanza di questo ragazzo è vicino alla nostra. Entriamo in questa stanza dov’è questo ragazzo e su un tavolo ci sono una chitarra e un violino che hanno portato queste due signorine. Diciamo qualche parola e poi prendo la chitarra in mano, prendo con la dita la posizione di “mi” minore e faccio vibrare tutte e sei le corde, tale posizione è come un pianoforte. Le due signorine si sbalordiscono a tale preciso e bell’accordo ed una di loro prende il violino e mi dice di accompagnarla. Suona il valzer “La vedova allegra”. Questo valzer l’ho suonato centinaia di volte in Italia e perciò l’ho accompagnato con molta abilità. Le due signorine rimangono meravigliate, chiamano le suore e mi presentono a loro; da questo momento divento il protetto delle suore. Il giorno mi portano da mangiare sempre pranzo speciale, mi vengono a trovare spesso ed io vado da loro. Mi sento sempre meglio.
Sono andato dalle suore e gli ho chiesto un termometro, gli ho spiegato che quando viene l’infermiere a portare il termometro non ho la febbre ma al pomeriggio sì. Subito me lo danno.
Fuori c’è neve e continua a nevicare, ma dentro c’è caldo.Non vorrei più uscire di qui fino a che non finisca questa maledetta guerra.Ho inventata uno stratagemma.Col termometro che mi sono procurato dalle suore, vado nella toilet, metto il termometro sul termosifone e lo faccio salire a 39 gradi e me lo nascondo nel letto, la mattina quando viene l’infermiere, gli consegno quello carico, lui guarda, scrive e se ne va.
Viene l’infermiere come tutte le mattine.Gli consegno il termometro come tutte le mattine, una volta lo carico a 38 gradi, un’altra a 39, ogni mattina cambio temperatura, l’infermiere non si accorge di niente ed io spero che la guerra finisca per non tornare più a quella maledetta fabbrica che quasi moribondo non si sono interessati nemmeno a farmi ricoverare all’ospedale.
Stamattina sono venute le suore e hanno fatto celebrare una messa nell’ospedale stesso. Hanno cantato una messa uguale a quelle che cantavano nella chiesa di Casale con Don Pasquale Ruosi. Non ho potuto trattenere le lacrime. Tornato dalla messa sono un po’ stanco, ho dovuto mettermi a letto. Nel pomeriggio mi sentivo bene.
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