A blog from World War 2 | Un Blog dalla Seconda Guerra Mondiale

9 marzo 1945

Oggi un altro allarme ma grazie a Dio senza bombardare. Sono 10 giorni che provai anch’io per vedere di andare in Italia e tuttora non ho abbandonata la lotta ma non ci riesco. Si deve crepare in Germania!

12 marzo 1945

Oggi c’è stato un altro allarme a mezzo giorno preciso. È sempre questa l’ora degli allarmi, vengono sempre a mezzogiorno. È tornato l’inverno. Ha nevicato per 10 giorni consecutivi. Il mese di febbraio è stato come un mese di primavera, invece adesso siamo quasi alla metà di marzo e non abbiamo ancora veduto il sole e fa freddo. Eppure sembrava che non avrebbe più fatto freddo visto che tutto il mese di febbraio c’è stato sempre buon tempo e temperatura calda e sole. Un’altra Pasqua è prossima e la guerra non finisce. È un altro colpo al cuore che si approssima sia per me che per la mia povera lontana moglie. E perché Iddio non si muove a pietà di tante lacrime? Come si deve soffrire!

13 marzo 1945

Questa notte mentre stavamo dormendo è suonato l’allarme. Erano le 11:00 quando abbiamo sentito squillare le sirene, ci vestiamo alla svelta e corriamo al ricovero. Dopo qualche ora è finita. Non c’eravamo ancora addormentati che suonano di nuovo le sirene, di nuovo ci vestiamo e corriamo al ricovero, dopo mezzanotte è finito anche il secondo senza nessun incidente.

14/15 marzo 1945

Ieri e oggi sempre allarme e pre-allarme quasi tutto il giorno, ma neanche sono venuti a Monaco, hanno scelto altri obiettivi. Questi giorni sta facendo un tempo veramente bello, sempre sereno e fa caldo anche, non c’è più neve e non fa più freddo.

19 marzo 1945

È suonato l’allarme alle 11:20 ed è finito alle 3:40. Un allarme così lungo non si è mai verificato a Monaco da quando ci sono io.

21 marzo 1945

Un’altro allarme. Erano le 11:00 quando è suonato l’allarme. Non possiamo uscire di fabbrica e non ci fa entrare, il capo fabbrica, neanche nel ricovero. Io di nascosto sono riuscito a scapparmene fuori e sono andato ad un ricovero poco lontano. L’allarme è cessato alle 3:15 quando sono andato in fabbrica avevano già mangiato gli altri e pronti per mettersi al lavoro, così io non ho potuto neanche mangiare. Vicino a questa bella fabbrica dove lavoro io c’è un’osteria, dove comanda questo nostro capo fabbrica, il quale quando c’è l’allarme che dura molto, per non far perdere tempo ai suoi operai o per meglio dire “schiavi”, la fa aprire e darci da mangiare, così appena cessato l’allarme, o per meglio dire una decina di minuti prima, ci manda a lavorare.

22/23 marzo 1945

Allarme.
C’è sempre un sole che è una bellezza per chi se lo può godere, per me non posso di certo godermelo, la fabbrica sembra una cantina, si entra la mattina e si sorte la sera.

24 marzo 1945

È mezzogiorno meno dieci, suona l’allarme. Ci mandano sotto la fabbrica dove basta cadere un solo spezzone per sfondare, e non ci lasciano uscire, peggio degli schiavi, mentre gli operai delle altre fabbriche li lasciano andare dove vogliono. Io approfittando che nessuno mi vedeva, me la sono svignata, tanto alle 12:15 si stacca di lavorare. Non avevo fatto neanche 300 metri che sento il rombo dei motori degli apparecchi. Mi sono fermato a guardarli, il sole li faceva luccicare, sembravano d’argento. Non ho un ricovero vicino, l’artiglieria incomincia a sparare, vedo della gente che entra svelta in un portone ed entro anch’io, scendiamo in un piccolo sotterraneo, non è un buon ricovero ma di fronte a stare in fabbrica è forte. Dopo circa mezz’ora sono uscito, molto gente stava già nella strada, un’incendio era poco lontano, però non hanno bombardato molto, è stata roba da poco. Dopo fatti pochi passi andando verso casa, perché non sentivo né sparare né il rombo dei motori degli apparecchi, ho visto che tutti guardavano verso il cielo, ho guardato anch’io ed ho veduto un grosso paracadute che scendeva verso la città, siamo stati a guardare per parecchio tempo finché il vento non lo ha allontanato, appeso al paracadute però mi è sembrato che non era un uomo ma bensì un peso di pochi chili, altrimenti il vento non poteva portarlo a cadere tanto lontano e non poteva stare così lungo tempo per cadere a terra.

Lunedì Santo 1945

Questa sera, tornando da lavorare finalmente, una lettera. Presala nelle mani, ho conosciuto sulla busta la mia calligrafia. Sono rimasto confuso, non pensando che poteva essere una delle tante che ho scritte per tramite della Croce Rossa di Vienna, con doppia busta, cioè con la busta di ritorno. Qualcuno mi ha detto: “Tu hai scritto a qualche amico ed al colmo della distrazione invece di scrivere sulla busta il suo indirizzo hai fatto il tuo”. Non posso capacitarmi! Apro la busta e vedo il modulo della Croce Rossa, subito mi accorgo che è notizia di casa. Leggo le poche parole scritte dalla mano di mia moglie. Non posso fare a meno di piangere, pensando che sono trascorsi 18 mesi lontano dalla mia cara Carmosina ed i miei cari figlioli e che da così lungo tempo sono privi del mio sostegno della mia guida, del mio bene. 18 mesi senza una notizia. Potevo mai credere che dovevo tanto soffrire?! Finalmente dopo un anno e mezzo di spietata solitudine e privo di ogni notizia da quelli che amo più della mia propria vita, ho ricevuto notizia. Sono contento che mia moglie mi assicura che stanno tutti bene, ma nel cuore mio non c’è più un’ora di contentezza finché non avrò la gioia di abbracciare la mia cara moglie con i nostri cari figlioli se verrà quel beato giorno, allora sì che sarò contento e felice! Spero in Dio, che quel sospirato giorno non sarà lontano e che mi concederà questa gioia, l’unica speranza che mi fa sopportare ogni sacrificio, ogni inumano trattamento.

Martedì Santo 1945

Questa notte ho dormito pochissimo, mi sono svegliato molte volte ed ogni qualvolta che mi svegliavo, due lacrime mi scendevano sulle guance ed un nodo mi stringeva la gola. Mi sembrava di vedermi sempre la mia moglie con i cari figlioli innanzi a me, mi veniva in mente, come se fosse stato ieri, quando nell’estate del 1943 prima che i tedeschi mi rubassero, mi strapassero davanti a mia moglie, quando si sentivano degli apparecchi americani, mia moglie aveva molta paura e con tutto il mio incoraggiamento, che non mai mancavo di farle, non riuscivo ad incoraggiarla a non avere paura. Figuriamoci cosa ha dovuto sopportare dopo, sola, senza di me, con due bambini dei quali una neanche di 10 mesi. C’ero io, e solo col rumore degli apparecchi aveva paura e molta. E che cosa è successo di lei quando il fronte è arrivato, si è avvicinato dalle nostre parti?! Che grandi sofferenze ha dovuto soffrire? Dove si sarà rifugiata con i due figlioli? Come avrà sopportato tanto strazio? E senza una notizia dal suo caro per giunta! Non sapendolo vivo o morto! Ah infame guerra e chi l’ha voluta, quanto si deve soffrire!


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