È mezzogiorno meno dieci, suona l’allarme. Ci mandano sotto la fabbrica dove basta cadere un solo spezzone per sfondare, e non ci lasciano uscire, peggio degli schiavi, mentre gli operai delle altre fabbriche li lasciano andare dove vogliono. Io approfittando che nessuno mi vedeva, me la sono svignata, tanto alle 12:15 si stacca di lavorare. Non avevo fatto neanche 300 metri che sento il rombo dei motori degli apparecchi. Mi sono fermato a guardarli, il sole li faceva luccicare, sembravano d’argento. Non ho un ricovero vicino, l’artiglieria incomincia a sparare, vedo della gente che entra svelta in un portone ed entro anch’io, scendiamo in un piccolo sotterraneo, non è un buon ricovero ma di fronte a stare in fabbrica è forte. Dopo circa mezz’ora sono uscito, molto gente stava già nella strada, un’incendio era poco lontano, però non hanno bombardato molto, è stata roba da poco. Dopo fatti pochi passi andando verso casa, perché non sentivo né sparare né il rombo dei motori degli apparecchi, ho visto che tutti guardavano verso il cielo, ho guardato anch’io ed ho veduto un grosso paracadute che scendeva verso la città, siamo stati a guardare per parecchio tempo finché il vento non lo ha allontanato, appeso al paracadute però mi è sembrato che non era un uomo ma bensì un peso di pochi chili, altrimenti il vento non poteva portarlo a cadere tanto lontano e non poteva stare così lungo tempo per cadere a terra.