Di nuovo in fila alla Caserma, stamattina controllo un po’ i numeri che hanno quelli che scorrono, guardo il mio numero e vedo che oggi ci entro anch’io nei partenti. Ma man, mano che la gente esce col biglietto di partenza, io non mi avvicino all’ingresso. Mi accorgo che c’è un imbroglio. Allora esco dalla fila e giro intorno alla caserma, qui trovo il portone grande aperto e molta gente entra di nascosto di qua. Entro anch’io naturalmente e mi fanno il biglietto. Esco e dico a quello di Roma che si tolga dalla fila e corre dove sono andato io. Torna indietro e mi dice che l’hanno chiuso. Lo saluto, gli dico che parto fra qualche ora. Mi prega di aspettarlo per il giorno dopo, gli rispondo: Mi dispiace ma non posso aspettare perché sono 20 mesi che non vedo la mia famiglia, mio padre, le mie sorelle, e tutti, e non so se è successo qualcosa e non vedo l’ora di abbracciarli tutti. Verso le 11:00 partiamo su un camion, ci portano a un altro baraccamento vicino Forlì. Mentre sto camminando vedo Pasquale Migliozzi, è un ragazzo di Casale di 20 anni, anche lui era a Monaco deportato come noi. Gli dico come mai si trova qua, mi risponde che la fabbrica dove lavorava lui l’hanno lasciati liberi e cosi è arrivato fin qui. Insieme ci portano in un posto dove ci sono soldati americani; ci fanno fare la doccia poi ci mettono certa polvere addosso per disinfettarci e la notte la passiamo qui.