Suonano le sirene, mi alzo svelto e chiamo Mattiussi che anche lui si sta vestendo, gli domando se viene al Bunker mi risponde che lui preferisce andare sotto il palazzo, allora mi infilo il cappotto e scappo fuori, entro nel ricovero, è già pieno. Appena nel ricovero mi accorgo che ho dimenticato il portafoglio nell’altra giacca, faccio per uscire ma già c’è un fuoco che è una bellezza e non posso. Mentre sto nel ricovero gente di ogni età entra con materassi e altri indumenti che hanno potuto salvare dal fuoco, li buttano nel ricovero e scappa di nuovo fuori a prendere altra roba dalle loro case in fiamme. Esco anch’io, corro a casa per vedere di poter salvare almeno il portafoglio con soldi e documenti, ma purtroppo la casa è diventata una braciere di fuoco, se era di paglia sarebbe durata di più, a bada torno al ricovero che è lontano circa 200 metri, e in questo percorso, dalla casa al ricovero brucia tutto a destra e sinistra cadono pezzi di legno in fiamme, colonne fabbricate e travi di ferro si staccano dai palazzi e cadono sulla strada, devo correre e stare bene attento per non capitarci sotto. Entrato un’altra volta nel ricovero penso a Mattiussi- chissà forse sarà ferito sotto la casa. Ad un mese e mezzo di distanza dal furto nell’hotel, adesso mi ero comprato di nuovo tutto il necessario, ma si bruciò tutto. Il resto della notte sto nel ricovero. Non ho dove andare, senza un soldo, senza documenti, senza indumenti, solo quello che porto addosso! Non avendo una valigia non ho potuto portarmi la roba nel ricovero altrimenti l’avrei salvata, ma quando c’è la vita! Fatto giorno esco fuori, nel ricovero ci sono sempre molte persone, tutte quelle che hanno perduta la casa, sta là con qualche poca di roba salvata dalle fiamme. Nell’uscire fuori vedo Mattiussi con le sue valigie, ha salvato tutto lui, mi dice che nella mia stanza non ha potuto entrare perché era tutta in fiamme, mi dice che la pensione è stata colpita con una grossa bomba incendiaria e spezzoni e dopo 10 minuti è diventata un vulcano, mi racconta che si sono salvata la vita per puro miracolo dal ricovero dove erano loro non hanno potuto più uscire mi dice, da tutte le uscite era fuoco, così con i picconi hanno rotto in un altro ricovero, e così si sono salvati. Verso le 8:00 esco per andare alla fabbrica. Per tutto Monaco non c’è un tram, per mezzo kilometro c’è solo fuoco, fumo, e rottami che cadono da tutte le parti. Non posso più andare avanti, il vento mi acceca, da ogni parti si vedono pompieri intenti a spegnere fuoco, è un finimondo completo. Torno indietro al ricovero, e là posso respirare un po’. A mezzogiorno esco, il fumo e fuoco c’è sempre, ma il vento è cessato, a stento riesco ad arrivare alla fabbrica, ma anche questa è completamente rasa al suolo. I Casalesi non sono venuti a Monaco, non ci sono treni né tram. Ritorno al ricovero, non so dove andare, senza soldi, senza documenti, senza casa! Decido di andare a Fasanerie Nord. Mi metto a camminare a piedi, sono le 2:00, dopo 3 ore sono a detta località. Appena mi vedono tutti gli amici mi assaliscono di domande, in poche parole gli racconto l’accaduto e gli dico che ho bisogno di riposo. Mi hanno detto che loro hanno visto benissimo l’incendio di Monaco, hanno detto che davanti alla loro baracca ci si vedeva come se fosse stato giorno. Dopo tre giorni i treni funzionano, e così tutti vanno a lavorare per lo sgombero delle macerie della fabbrica. Io giro, insieme a Mattiussi per gli uffici per farmi i documenti da sinistrato. Andiamo dalla padrona di casa che si è trasferita momentaneamente poco lontano, e ci facciamo fare la prima dichiarazione di sinistrati.