Verso le sette di sera, siamo andati, io, Agostino, e Ciccillo, ad un locale vicino dove abito io a farci cucinare del fegato di vitella e dei maccheroni, che avevo comperato io ieri. Dopo aver mangiato abbiamo discusso un po’ di Casale e delle nostre sventurate famiglie, invocando la fine di questa inesorabile guerra che distrugge ogni cosa! Dopo circa venti minuti che Agostino e Ciccillo se ne sono andati, io sto dentro alla sala dove mangiamo, a casa, insieme con altri amici: ad un tratto sentiamo squillare le sirene. Decidiamo di andarcene a un ricovero situato a poca distanza da noi, vado io, Liberti Vincenzo di Carinola, un certo Castoldo Andrea di Afragola e un certo Camerota Vincenzo di Minturno. Di tutt’e quattro solo io porto con me la valigia con un po’ di biancheria necessaria dentro, capitai il 25 aprile del ’44 che mi s’incendiò tutto, ed ora quando posso ci sto un po’ accorto. Dopo qualche quarto d’ora che stiamo nel ricovero, incominciano a sparare. Le porte tremano tutte, le bombe devono cadere a poco distanza da noi. Ad un tratto una forte esplosione ci fa sobbalzare tutti, alcuni gridano per la paura, il rifugio barcolla, tutti crediamo che la bomba sia caduta su noi, è un attimo di terrore per tutti, ma dopo pochi secondi ci accorgiamo di essere salvi! Cessato il fuoco, suona il <pre-allarme>. Chi vuole uscire può, gli danno il permesso di uscire, però dicono che c’è pericolo di bombe inesplose che da un momento all’altro possono esplodere. Si vede la gente che esce, arriva all’ultima porta di uscita e poi ritorna di nuovo dentro, altri che se ne vanno e non ritornano. Noi tutti e quattro non sappiamo cosa fare, tutti e tre vogliono uscire subito, ma io li consiglio di rimanere ancora nel rifugio come ci sono ancora tanti altri. Hanno ragione loro, perché hanno tutta la loro roba a casa e corrono rischio di rimanere come rimasi io il 25 aprile ’44, ma io dico a loro, e loro ne convengono, che è più cara la pelle sopra ogni cosa, e non tanto per noi ma per i nostri figli che hanno pieno bisogno dei loro cari genitori! Visto che tutti si decidono ad andarsene, usciamo pure noi. Appena siamo fuori, vediamo grandi incendi da ogni lato. La casa sopra il ricovero dove noi stiamo e isolata dalle altre, e per fortuna non è stata colpita. Stiamo sulla strada per andare a casa, guardiamo alla direzione della nostra abitazione e non si vede nessun segno di incendio e diciamo: Anche questa volta ce l’abbiamo fatta franca. Stiamo a una cinquantina di metri dalla nostra casa, squillano di nuovo le sirene, di nuovo allarme. Dietro fronte e di corsa al ricovero una seconda volta. Dopo una decina di minuti incomincia l’inferno! È un continuo cadere di bombe, e a poco distanza credo. Lo spostamento d’aria è continuo senza mai staccare, senza interruzione. Sentiamo sollevarci la terra da sotto i piedi e poi lo scoppio delle bombe, mi fanno male le orecchie, le ho dovute tappare con le dita.Da quando mi trovo in Germania mai questo mi è successo mai tanto rumore ho sentito con un bombardamento, e non si vede la via di finirla. Stiamo tutti acquattati per terra e ognuno di noi crede che sia venuta l’ultima ora per la nostra misera vita, ma finalmente, dopo una mezz’ora di continua fifa, si allontanano.Ce l’abbiamo vista brutta, ma il buon Dio ci ha salvato anche questa volta. Verso le 11:00 usciamo dal ricovero. Benché siamo in piena notte, ci si vede come se fosse mezzo giorno. Appena fuori vediamo che il palazzo sopra il ricovero dove noi stavamo è in fiamme e già i pompieri stanno lavorando per spegnere. Ci dirigiamo verso casa. Quello di Carinola e quello di Afragola vedendo incendi da ogni parte sono scappati avanti per paura che non bruciasse anche da noi, io e quello di Minturno ce ne andiamo pian piano. La strada è tutta ingombra di macerie, di rami, di alberi che sono stati buttati da tutte le parti. Prima di girare la strada che conduce alla nostra casa- Kirchenstrasse 6- ho detto a questo di Minturno: Mi sembra che quella grande luce sia proprio la nostra casa che deve bruciare. Appena voltati a Kirchenstrasse, vediamo la nostra abitazione tutta in fiamme, questo di Minturno che anche lui non si è portato niente della sua biancheria, si mette di corsa e va a salvare la roba. Arrivato pure io li chiamo, sono tutti in casa, loro abitano tutti e tre al pian terreno dove il fuoco non è arrivato ed hanno salvato tutto, però hanno trovato tutto per terra, gli armadi, le finestre, tutto spaccato dallo spostamento d’aria. Io abitavo al secondo piano che al mio arrivo, già brucia a metà, corro sopra ed anch’io riesco a salvare qualche cosa, ma non tutto, la mia stanza è in fiamme e non c’è altro che lasciar fare al fuoco. Le suore e tutti noi- italiani, olandesi, francesi, e altri uomini di altre nazionalità corriamo a trasportare letti e altri oggetti tolti dalle stanze non incendiate e che corrono pericolo di essere travolte dalle fiamme. Più tardi arrivano i pompieri ed incominciano il lavoro di spegnimento. Quasi tutta la notte sono a buttare acqua, ma non riescono a spegnere il fuoco. Verso le tre della notte, le suore aiutate da noi, allestiscono una casa a pian terreno che è stata poco danneggiata, mettono i letti a terra e là ci riposiamo un po’ tutti insieme.